martedì 19 luglio 2016

IL TEMPIO DI GIOVE OTTIMO MASSIMO AL CAMPIDOGLIO


Il Tempio di Giove Ottimo Massimo (aedes Iovis Optimi Maximi Capitolini) o Giove Capitolino era il più grande monumento esistente sul Campidoglio. Fu il centro del culto di stato romano, e fu eretto, secondo la tradizione, in concorrenza con il tempio dedicato a Iuppiter Latiaris (Giove Laziale), sul Mons Albanus (attuale Monte Cavo). 

Davanti al tempio terminavano le cerimonie trionfali e vi si svolgevano le assemblee solenni del senato romano, oltre ai sacrifici augurali dei nuovi consoli. 
All'interno del tempio vi erano depositati i Libri Sibillini, una raccolta dei responsi oracolari scritti in lingua greca. 
La sua fondazione è attribuita al re Tarquinio Prisco nel VI secolo a.C. e terminarono sotto Tarquinio il Superbo (535-509 a.C.) e venne inaugurato il 13 settembre 509 dal console Marco Orazio Pulvillo.

Date le grandi dimensioni (53X62 metri ed una superficie di 15.000 mq) testimoniavano forse la ferma decisione di fare di Roma la capitale della Lega Federale Latina.
Nel III secolo il frontone fittile rappresentante una quadriga, fu sostituito da una sua replica bronzea. Durante l'incendio dell'83 a.C. fu quasi interamente distrutto e con esso anche i Libri Sibillini.
La ricostruzione in pietra fu affidata all'edile Quinto Lutazio Catulo da Lucio Cornelio Silla, che la terminò nel 69 a.C. rispettando la pianta e l'aspetto precedenti. Secondo molte fonti Silla fece prelevare a tal proposito le colonne dal tempio di Zeus Olimpico ad Atene. 
Sotto Ottaviano Augusto il tempio viene restaurato e abbellito e Svetonio, nell'Augustus, afferma che fece portare al santuario sedicimila libre d'oro, pietre preziose e perle per un totale di cinquanta milioni di sesterzi. 
Distrutto e riedificato più volte, dopo l'incendio nel 69 e nell' 80, fu, secondo Procopio di Cesarea, danneggiato e spogliato del tetto dai Vandali di re Genserico durante il saccheggio del 455. Del tempio non rimane più nulla se non delle mura di fondazione.


Il tempio era periptero su tre lati (ovvero era circondato su tre lati da un portico), esastilo (in corrispondenza dell'ingresso vi erano sei colonne) e sine postico (ovvero non presentava colonne sul lato posteriore) anche se sulle monete e sulle raffigurazioni il tempio viene rappresentato tetrastilo (con quattro colonne).

Secondo quanto indicato da Vitruvio nella sua opera "De architectura", l'intercolunnio era areostilo, cioè la distanza fra le colonne alla base era particolarmente ampia (superiore a tre volte il diametro del fusto) e tale da rendere impossibile la presenza di architravi in pietra. All'interno del tempio vi erano tre celle, destinate alle tre divinità capitoline: Giove Capitolino, la statua principale, era collocata nella cella centrale e ai lati quelle di Giunone e Minerva.


Per la decorazione con statue e fregi di terracotta policroma furono coinvolti artisti veienti, tra cui lo scultore Vulca, che eseguì la statua di Giove e una quadriga in terracotta sul fastigio; quest'ultima era considerata uno dei sette Pignora Imperii di Roma. Lo stile di queste sculture non doveva differire molto dalle statue del Santuario di Portonaccio (come il celebre Apollo di Veio).

La statua di culto principale, ovvero Giove Capitolino, distrutta dall'incendio, fu sostituita nel 65 a.C. da una statua crisoelefantina, scolpita dall'artista ateniese Apollonio, probabilmente sul modello di quella di Statua di Zeus a Olimpia; probabilmente è lo stesso autore del Torso di Belvedere firmato "Apollonios figlio di Nestore". È assai probabile che di questa statua vennero fatte numerose copie inviate ai municipi delle città italiche colonizzate da Roma: in questo caso la migliore delle copie sarebbe il Giove di Otricoli, oggi ai Musei Vaticani.
La quadriga invece venne rifatta nel 296 a.C. a spese degli edili di quell'anno, i fratelli Ogulnii, che fecero anche rifare la lupa bronzea per il Lupercale.

The Temple of Jupiter Optimus Maximus (aedes Iovis Optimi Maximi Capitolini) or Jupiter was the largest existing monument on the Capitol. 
It was the center of the cult of the Roman state, and was built, according to tradition, in competition with the temple dedicated to Jupiter Latiaris (Jupiter Laziale),on the Mons Albanus (now Monte Cavo). 
Ceremonies of triumph ended before the Temple and there were held solemn assemblies of the Roman Senate, in addition to the sacrifices for the new consuls.
Inside the temple were deposited the Sibylline Books, a collection of oracular responses written in Greek. 
Its foundation is attributed to King Tarquinius Priscus in the sixth century BC and it was completed by Tarquinius Superbus (535-509 BC). 
It was inaugurated on september 13 by 509 Marcus Horatius Pulvillus console.

Considering its dimentions (53X62 meters and an area of ​​15,000 square meters) it could be interpreted as the firm will to make Rome the capital of Latin Federal League. 
In the third century the clay pediment depicting a chariot was replaced by one made of bronze. During the fire in 83 BC It was almost completely destroyed and with it the Sibylline Books. 
The stone reconstruction was entrusted to the "Edile" Quintus Lutatius Catulo by Lucius Cornelius Silla, who finished it in 69 BC respecting the plant and the previous look. 
According to many sources Silla had taken the columns of the temple of Olympian Zeus in Athens and used them for the roman temple. Under Octavian Augustus, the temple was restored and embellished and Suetonius,in its work "The Augustus", says that he brought to the Temple, sixteen thousand pounds of gold, precious stones and pearls for a total of fifty million sesterces. 
It was destroyed and rebuilt several times, after the fire in 69 and 80.
According to Procopius of Caesarea, it was damaged and stripped by the Vandals of King Genseric during the looting of the temple in 455. 
Nothing remains of this magnificent temple, except the walls of foundation.

The temple was peripteral on three sides (it was surrounded on three sides by a portico), hexastyle (at the entrance there were six columns) and sine postico (it did not present columns on the back) although on coins and representations the temple is represented tetrastyle (with four columns).
As indicated by Vitruvius in his "De architectura", the intercolumniation was areostilo, the distance between the columns at the base was particularly large (more than three times the diameter of the stem) and such as to make impossible the presence of stone lintels. 
Inside the temple there were three cells, destined to the three Capitoline gods: Jupiter, the main statue was placed in the central chamber and the sides of the Juno and Minerva. 
For the decoration with polychrome terracotta statues and friezes were involved Veii artists, including the sculptor Vulca, who made the statue of Jupiter and a terracotta quadriga on the pediment; it was considered one of the seven Pignora Imperii of Rome. 
The style of these sculptures should not differ much from the statues of Portonaccio Sanctuary (like the famous Apollo of Veii).
The main statue of worship, representing Jupiter, was destroyed by fire. 
It was replaced in 65 BC by a chryselephantine statue, sculpted by Athenian Apollonius, probably on the model of  the Statue of Zeus at Olympia; he is probably the author of the Torso of Belvedere signed "Apollonius son of Nestor."
It is very likely that were made numerous copies of this statue and sent to the municipalities of the Italic cities colonized by Rome: the best of the copies is the Jupiter of Otricoli, now in the Vatican Museums.
The Quadriga instead was rebuilt in 296 BC at the expense of the "Edili" of that year, the Ogulnii brothers, who also did redo the bronze she-wolf for Lupercal.

A PRESTO!

Simone C.

giovedì 14 luglio 2016

MOSAICO CON ORESTE E IFIGENIA

Questo mosaico a tessere minute è stato utilizzato su un supporto di terracotta e doveva servire come emblema centrale di un pavimento. Datazione cronologica oscillante tra il II ed il III secolo d.C.
e provenienti dagli Horti di Mecenate. Fu rinvenuto nel 1876 nei pressi dell'Auditorium. Secondo la mitologia, Oreste ed Ifigenia erano i figli di Agamennone, re di Micene e di Clitennestra, figlia di Leda e Tindaro, re di Sparta nonchè sorella di Elena di Troia.

This tesellated mosaic is laid upon a terra-cotta support and served as a central emblema in a floor decoration. it can be dated between the second and third century AD. From the Horti Maecenatiani. found in the area near the Auditorium in 1876. In Greek mythology, Orestes and Iphigenia they were sons of Agamemnon, king of Mycenae and Clytemnestra, daughter of Leda and Tyndareus, king of Sparta, as well as sister of Helen
of Troy.

A PRESTO!

Simone C.

domenica 10 luglio 2016

LA COSIDDETTA TENSA CAPITOLINA



LA COSIDDETTA TENSA CAPITOLINA

Nel 1872 Augusto Castellani riconobbe dalle numerose lamine in bronzo decorate a sbalzo ritrovate nella campagna romana, alle decorazioni delle fasce lignee di una tensa, un carro processuale destinato al trasporto delle divinità: fu allora predisposto un restauro integrativo, con l'inserimento delle parti lignee mancanti. Non è escluso che il carro fosse ad uso privato, ovvero destinato al trasporto dei cittadini più abbienti. la decorazione, disposta su sei registri sovrapposti. si riferisce ad episodi della vita di Achille, dall'infanzia (con scene del bagno nello Stige, dell'educazione di Chirone e della permanenza a Sciro) all'età adulta (scene del ciclo troiano).

THE CAPITOLINE TENSA
In 1872 Augusto Castellani recognized, from many cantilevered decorated layers, discovered from the roman countryside, a tensa, a cart used to carry the images of deities in procession. It was then prepared an additional restoration, with inclusion of the missing wooden parts. It is possible that we can deal with a private cart, intended for the transport of more affluent citizens. The decoration, arranged on six registers, recalls episodes of the life of Achilles from childhood (with scene of the bath in the river Styx, of the education of Achilles by the Chiron the Centaur and stay in Skyros) to adulthood (episodes of the trojan cicle).

A PRESTO!
Simone C.

sabato 9 luglio 2016

LA PALA DI SANTA PETRONILLA

LA PALA DI SANTA PETRONILLA
Commissionata nel 1621da Gregorio XV, al secolo Alessandro Ludovisi al maestro Giovanni Francesco Barbieri detto Guercino, il 29 maggio 1623 fu collocata nella Basilica di San Pietro. Nel 1730, dopo un intervento di restauro, fu trasferita nella Sala Regia del Palazzo del Quirinale, al suo posto fu collocata una copia della stessa in mosaico, eseguita dal maestro Pietro Paolo Cristofari.
La grande tela fu inclusa tra le opere da prelevare in Italia in base al Trattato di Tolentino, venne requisita dalle truppe francesi nel 1797 e trasferita al Louvre (o meglio, all'epoca Musée Napoleon), per essere sistemata nella Grande Galerie e quindi nel Grand Salon, la cui permanenza a Parigi durò per quasi due decenni, nel corso dei quali il dipinto fu restaurato tre volte.
A seguito della sconfitta di Napoleone l’opera venne restituita a Roma nel 1816 e, dopo una breve permanenza in Vaticano, fu collocata definitivamente nella Pinacoteca Capitolina nel gennaio 1818 per volontà di Antonio Canova. Il dipinto, restaurato definitivamente grazie ai fondi della nota fabbrica di pneumatici Pirelli raffigura il seppellimento e la successiva ascesa di Santa Petronilla, vergine e martire cristiana che la tradizione vuole essere figlia dell'Apostolo Pietro, e venendo confermata dalla Passio dei SS. Nereo e Achilleo, composta nel V-VI secolo, anche se ufficialmente non vi sono prove ufficiali riguardo questo fatto. Le sole informazioni sicure, riguardanti il suo nome e il fatto che fosse una martire, sono scritte su di un affresco del IV secolo presente della Basilica sotterranea della catacomba di Domitilla a Roma. Questo affresco, che è tutt'oggi il più antico affresco della cristianità, si trova dietro l'abside della Basilica fatta costruire da Papa Siricio tra il 390 e il 395 nelle catacombe sulla via Ardeatina dette di Domitilla. In questo affresco appare la scritta PETRONELLA MART.
A PRESTO!
Simone C.

venerdì 8 luglio 2016

SARCOFAGO CON CACCIA CALIDONIA

 
Sarcofaco con caccia calidonia.

In basso è raffigurato Meleagro che caccia il cinghiale calidonio alla presenza della dea Artemide, dea della caccia. Fu rinvenuto a Vicovaro nel 1872 ed è fatto in marmo proconnesio. sopra vi è coricata la coppia con i volti appena sbozzati.
Roma, Musei Capitolini.

Sarcophagus with the Calydonian boar hunt

Proconnesian marble. at the center of the scene Meleager hunts the Calidonian boar before Artemis, the goddess of hunting. On the lid, a reclining couple: their heads are left unfinished.
From Vicovaro, 1872.


mercoledì 6 luglio 2016

finalmente su Hootsuite

AVE!
Da oggi Aρχαῖος si avvale della piattaforma Hootsuite per inviare i post contemporaneamente da più social network, facilitando così la pubblicazione di foto, articoli e video.
A presto!
Simone C.